Omicidio all’italiana: Maccio Capatonda contro il piacere morboso dell’orrore

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Ispirato a una storia vera ma i cui fatti sono stati completamente cambiati. Basterebbe la premessa iniziale di Omicidio all’italiana per far immediatamente intuire che stiamo per immergerci nella follia comica targata Maccio Capatonda (al secolo Marcello Macchia). Il regista, attore e filmmaker abruzzese è alla sua seconda regia cinematografica dopo l’esordio con Italiano Medio. Stavolta sceglie tuttavia di non partire da uno dei suoi celebri finti-trailer, per elaborare piuttosto una storia autonoma e più “cinematograficamente coesa”.

Je suis Acitrullo

Sabrina Ferilli in Omicidio all'italiana

Ecco allora che veniamo condotti nell’immaginaria Acitrullo, sperduto paesino dell’entroterra abruzzese. Il sindaco Piero Peluria (Maccio Capatonda) è disperato. La località conta poche anime, per lo più anziane, e ogni tentativo di modernizzazione finisce in un fallimento. Un’occasione ghiotta si presenta tuttavia al Sindaco per far uscire Acitrullo dall’anonimato. Ovvero sfruttare la morte accidentale della Contessa Ugalda Martirio In Cazzati, per far credere che si sia invece trattato di un brutale omicidio.

Ad aiutare l’uomo nel suo inquietante piano viene coinvolto anche suo fratello Marino Peluria (Herbert Ballerina, vero nome Luigi Luciano, Quel bravo ragazzo). Ecco allora che il paesino “della morta ammazzata” finisce sotto l’attenzione di forze dell’ordine, curiosi ma soprattutto della troupe del famigerato programma tv “Chi l’acciso?”, condotto da Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli).

Tra commissari in cerca di celebrità (Gigio Morra), agenti incapaci (Ivo Avido, vero nome Enrico Venti) e altri più seri e increduli (Roberta Mattei), il circo è servito.

Un surreale film di denuncia

una scena di Omicidio all'italiana

Maccio Capatonda con Omicidio all’italiana “la tocca piano”. Senza sconti attacca, attraverso la risata, tutta quella televisione, stampa e turismo che marcia sul macabro e l’orrore (una delle principali figure di riferimento è stata Barbara d’Urso). Quel “circo mediatico” che non si fa problemi a scattarsi selfie su luoghi di omicidi e tragedie; così come a entrare di prepotenza nelle vite altrui pur di portare a casa il servizio o alzare lo share. Un’idea di base geniale quella sviluppata dalla sceneggiatura del film, scritta a più mani da Maccio, Gianluca Ansanelli, Herbert Ballerina, Daniele Grigolo, Danilo Carlani, Sergio Spaccavento. La desolante Acitrullo (in realtà Corvara, in provincia di Pescara) si fa palcoscenico della peggiore Italia come della scemenza in buona fede di Sindaco e fratello.

Sembra per certi versi di trovarsi di fronte a un film di denuncia; ma i toni sono ovviamente esasperati e surreali in puro stile Maccio, che si sdoppia in tre personaggi e non rinuncia (e nemmeno avremmo voluto che lo facesse) ai giochi sui nomi, a un esilarante linguaggio inventato, alle buffonerie varie ma pensate.

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Ambizioni e risultato: un buon Maccio

una scena di Omicidio all'italiana

Nel mezzo, sono aggiunte al calderone riflessioni in chiave farsesca sul ruolo della tecnologia e l’importanza di stare connessi al presente. Insomma, le ambizioni sono alte e buone, così come buono è il risultato finale. Maccio Capatonda e compagni, anche quei volti che col suo mondo hanno poco a che fare (vedi Sabrina Ferilli) divertono (spesso) con intelligenza e nonsense.

Non tutto fila però completamente liscio in Omicidio all’italiana. Il meccanismo comico talvolta si inceppa, con scene che sembrano dei riempitivi. Niente di grave; semplicemente un peccato per un film che poteva risultare davvero sorprendente e che invece inciampa un po’ per strada.

Va ad ogni modo riconosciuta a Maccio Capatonda la capacità di aver saputo adattare la sua vis comica unica al grande schermo. Pur rimanendo se stesso – a differenza di molti altri caduti in passato nel tentativo. E questo non è poco.

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Giorgia Lo Iacono

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