La Sirenetta: un live action (quasi) senza voce

Dopo aver dato il via al Rinascimento Disney nel 1989, ora La Sirenetta (The Little Mermaid) torna al cinema in versione live action, seguendo quella che è ormai una consuetudine in casa Disney. A dirigere troviamo Rob Marshall (Chicago, Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare) mentre protagonisti sono Halle Bailey, Jonah Hauer-King, Melissa McCarthy, Javier Bardem, Daveed Diggs, Jacob Trembla, Awkwafina e Javier Bardem.
Caraibi, anni ’30 del 1800. In queste acque vive la giovane ed irrequieta sirena Ariel. Figlia minore di re Tritone, è sempre in cerca di avventura. Frustrata dai limiti impostole dal padre, Ariel vorrebbe conoscere di più il mondo degli umani e le loro usanze. In attesa di poter finalmente entrare in contatto con il mondo di superficie si limita a collezionare oggetti del mondo degli umani una volta caduti in acqua. Una sera nonostante le suppliche del suo amico Flounder e del granchio Sebastian, esce in superficie e si avvicina al maestoso vascello che sta solcando il mare e comandato dall’affascinante principe Eric, che salverà da morte certa durante un naufragio.
Scoperto che la figlia ha disobbedito ai suoi ordini Tritone è su tutte le furie e proibisce ad Ariel di interagire ancora con gli umani. La sirena però è più desiderosa che mai di rivedere Eric e decide di fare un patto con la strega del mare Ursula. Divenuta umana Ariel avrà tre giorni per ricevere il bacio del vero amore da Eric. Se non ci riuscirà apparterrà a Ursula per l’eternità.
Copia e incolla (o quasi)
Formula che vince non si cambia. Quindi non c’è da stupirsi che La Sirenetta sia l’ennesimo live action copia carbone del classico, con qualche piccola modifica il cui intento è ampliarne la narrazione. Ecco quindi che il film ci mostra quasi per filo e per segno, movimenti di macchina inclusi, quanto già visto nell’intramontabile Classico. Il live action de La Sirenetta non fa eccezione quindi, ci propone con attori in carne ed ossa la medesima minestra. Che non risulta neanche riscaldata, è proprio fredda.
Uno vero e proprio marchio di fabbrica ormai, che se da una parte ci fa riscoprire un film amato con attori veri e quindi in qualche modo sotto una luce diversa, dall’altra ha il grande difetto di non proporci nulla di nuovo o interessante. La trasposizione live action dei Classici sono dei meri copia ed incolla quasi scena per scena. Le aggiunte, che dovrebbero ampliare quanto già conosciamo, spesso sono troppo brevi per risultare veramente funzionali, limitandosi così a dare solo quella parvenza di novità. Discorso simile per i nuovi personaggi, la cui funzione ai fine della storia irrilevante e la cui caratterizzazione praticamente nulla.
Ma il copia e incolla in questi casi riguarda anche, purtroppo, la regia. Se la riproposizione delle scene clou è scontata e anzi quasi dovuta, il voler copiare pedissequamente ogni singolo fotogramma toglie ogni originalità ai movimenti di macchina e all’estro del regista di turno, che diviene mero esecutore. Ad eccezione di un paio di scene, come l’inizio, Rob Marshall si limita a fare il compitino.
Per le nuove generazioni
È indubbio che il film sia pensato per le nuove generazioni, strizzando però l’occhio a chi è cresciuto col Classico. Ed è altrettanto indubbio che da quel punto di vista il film riesca nel suo intendo. Anche se in modo spesso didascalico. Il live action de La Sirenetta mantiene i punti cardine del cartone animato, a partire da una Ariel ribelle e bramosa di conoscere il mondo di superficie, così come lo scontro generazionale padre-figlia.
Ma la sceneggiatura scritta da Jane Goldman e David Magee pone anche l’accento su temi più che mai attuali come la paura per il diverso e qualcosa che non si conosce. Una paura che impedisci anche solo di provare a capire, atteggiamento tipico delle vecchie generazioni che si contrappone all’intraprendenza e curiosità delle nuove. E se nel cartone Tritone era l’unico rappresentante di tale paura, qui gli fa da contraltare la madre di Eric, che esprime le medesime paure per il mare.
Interessante quindi come live action Ariel ed Eric diventino due facce di una stessa medaglia. Da una parte una sirena attratta dalla terra ferma e dall’altra un principe attratto dal mare, due anime inquiete desiderose di conoscere l’ignoto ma frenati dai loro pavidi genitori.
Altro tema interessante riguarda l’importanza delle parole e del silenzio, troppo spesso si parla tanto senza dire niente. La voce di Ariel (e delle sirene) è qualcosa di prezioso e magico, non adatto ai comuni mortali. Un silenzio quello di Ariel versione umana che ha lo scopo di sottolineare l’importanza delle affinità dell’anima ai fiumi di parole. Tema già presente nel Classico ma qui leggermente approfondito.
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Senza voce
Ed è proprio grazie ai suoi sguardi che Halle Bailey dimostra di essere stata la scelta giusta per il ruolo. La giovane attrice è senza dubbio la nota più positiva di questo live action. I suoi grandi occhi e il suo sorriso radioso ci restituiscono un’Ariel vivace, intraprendente e sognante. È l’unica a crederci davvero, il resto del cast è a dir poco spaesato, sembra chiedersi continuamente cosa stia facendo lì.
Javier Bardem e Melissa McCarthy non riescono ad infondere ai loro personaggi rispettivamente l’autorità e la perfidia che contraddistinguono le controparti animate. Complici una sceneggiatura che non ha saputo caratterizzare al meglio i personaggi e costumi al limite del cosplay amatariale. Discorso simile per Jonah Hauer-King nei panni del principe Eric. Un personaggio con un background sicuramente interessante ma nulla più.
L’amara verità è che la sceneggiatura non riesce a dare vita ad un film capace di attirare veramente l’attenzione, ad eccezione dei temi trattati. La storia del live action per quanto sia la stessa del Classico risulta tutt’altro che avvincente a causa di un ritmo quasi soporifero per buona parte della durata e di un terzo atto a dir poco frettoloso. L’unica cosa che tiene svegli è la curiosità di vedere il risultato finale.
A tutto ciò vanno aggiunti effetti speciali non sempre all’altezza ed una CGI iperrealistica e quindi straniante e poco convincente che ha dato vita ad incubi che corrispondono ai personaggi di Sebastian e Flounder. Deludente anche il doppiaggio, con voci spesso fuori sincro e scelte completamente errate come quella di Mahmood. Il cantante vincitore di Sanremo è a dir poco fuori parte.
In conclusione il live action de La Sirenetta è un film lastricato di buone intenzioni che se non portano all’inferno di sicuro portano in purgatorio, che probabilmente a molti sembrerà un paradiso ed altri un inferno. L’unica certezza è che Halle Bailey metterà tutti d’accordo.
La Sirenetta al cinema dal 24 maggio con Walt Disney Studios Motion Pictures.