Si alza il vento: storia di un sognatore

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Jirō Horikoshi è stato un ingegnere aeronautico giapponese noto per aver progettato i caccia giapponesi della Seconda Guerra, in particolare il Mitsubishi A6M Zero. Proprio sulla vita del noto progettista è basato il manga Kaze tachinu, scritto e disegnato da Hayao Miyazaki ed ispirato anche dal romanzo all’omonimo romanzo di Tatsuo Hori. Un manga realizzato dal regista premio Oscar inizialmente come un passatempo dopo la conclusione di Ponyo sulla scogliera nel 2008, ma che presto avrebbe avuto la sua versione animata nell’omonimo film del 2013 – in Italia noto con il titolo Si alza il vento – che avrebbe dovuto segnare l’addio alla regia di Miyazaki. Un ritiro durato una decina di anni visto il ritorno nel 2023 con Il ragazzo e l’airone.

La storia di Si alza il vento vede protagonista il giovane appassionato di aerei Jirō Horikoshi, il cui sogno nonostante la sua miopia è quello di progettare bellissimi aerei. Intento ad inseguire il suo sogno studierà ingegneria all’università imperiale di Tokyo. Un viaggio quello verso la capitale caratterizzato dal terribile terremoto del Kanto (avvenuto nel 1923) ma soprattutto dal primo incontro con Nahoko Satomi, ragazza di cui si innamora a prima vista.

Una vita quella di Jirō Horikoshi consacrata alla progettazione di aerei, che lo porterà prima a lavorare alla Mitsubishi e poi a recarsi in Germania, dove imparerà le tecniche di costruzione tedesche. Una vita resa completa dalla presenza della sua amata Nahoko, anche se la felicità per i due durerà poco.

Una lunga gestazione

una scena di Si alza il vento

Come ogni progetto di Hayao Miyazaki anche Si alza il vento ha avuto una lunga gestazione. Finita la realizzazione di Ponyo sulla scogliera, il regista affascinato dal romanzo Kaze tachinu di Tatsuo Hori – che a sua volta è ispirato a Le vent se lève (letteralmente Si alza il vento) passo del poemetto Il cimitero marino (Le Cimetière marin) di Paul Valéry – decise di realizzarne un manga, mettendo al centro una delle sue grandi passioni: il volo.

L’opera venne serializzata da aprile 2009 a gennaio 2010 sulla rivista mensile Model Graphix ed è stato solo su insistenza del produttore Toshio Suzuki, che Miyazaki si convinse di trarne un lungometraggio animato, il nono per lo Studio Ghibli (e il suo undicesimo in totale). Uno scetticismo dato principalmente dal fatto di raccontare una storia basata completamente su fatti reali e su una persona realmente esistita, senza contare che temeva la reazione del pubblico verso un film con protagonista un progettista di aerei da guerra. Nonostante questi timori Miyazaki iniziò a lavorare al progetto, anche perché spinto da una delle frasi dello stesso Horikoshi sui suoi aerei «Tutto quello che volevo fare era creare qualcosa di bello».

Storia di un sognatore

Jiro Horikoshi e il conte Caproni

Quella raccontata in Si alza il vento è principalmente la storia di un sognatore. Prima di essere un progettista di aerei da guerra Jirō Horikoshi è un ragazzo con un sogno. Non è un caso che il film si apra con una sequenza onirica, in cui un giovane Jirō vola su un aereo da lui progettato e costruito, un sogno che però si scontra ben presto con la dura realtà, dove i venti di guerra sono imponenti. Un mondo quello dei sogni dove tutto è possibile, anche incontrare i propri idoli – nel caso del protagonista il Conte Giovanni Battista Caproni, noto ingegnere italiano – ed un regno che ha un vantaggio che la realtà non ha: si può andare ovunque ed immaginare di tutto.

Così come non è un caso che a metà e alla fine di Si alza il vento torni prepotentemente il sogno, con Jirō  ormai adulto ma con lo stesso animo che lo contraddistingueva da ragazzo. Se nel secondo incontro il sogno del giovane giapponese è ancora in fase di realizzazione, nelle scene finali il sogno del progettista è ormai realizzato, anche se gli è costato anni di fatica, sudore e dolore. Un decennio passato a cercare la perfezione, a mettere tutto sé stesso nel suo grande sogno.

È facilmente intuibile come Horikoshi e Caproni siano entrambi alter ego dello stesso Hayao Miyazaki. Come i due ingegneri, anche il regista è un progettista che cerca di dare forma ad una storia («Il progettista è colui che conferisce forma al sogno») e come le sue versioni animate anche il regista si affida al buon gusto, come dice Caproni «Nella progettazione l’importante è il buon gusto, il buon gusto anticipa le epoche». Inoltre se Jirō Horikoshi è la rappresentazione sia del piccolo Miyazaki, che sognava di diventare un artista, sia del Miyazaki ormai uomo che continua a sognare ma allo stesso tempo consapevole delle sfide che la vita ci mette davanti, Caproni è la rappresentazione del Miyazaki anziano, un uomo che ha dato fondo a tutta la sua passione e che pronto ad andare in pensione e a godersela. Due personaggi che nonostante siano divenuti adulti non hanno mai smesso di sognare, proprio come Hayao Miyazaki. Anche se il sogno giunge a termine. O almeno queste erano le intenzioni iniziali.

Ma Jirō è anche la rappresentazione di suo figlio Goro e di tutti i giovani registi dello Studio Ghibli, a cui Miyazaki passa il testimone. Una nuova generazione che viene spronata a dare fondo a tutta la creatività che possiede e che continui a sognare e a creare opere magnifiche, anche migliori di quelle create da chi li ha preceduti. Un significativo passaggio di testimone.

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Tutto Hayo Miyazaki

una scena di Si alza il vento

Vedendo Si alza il vento salta subito all’occhio come il film racchiuda tutta la poetica di Hayao Miyazaki. Nei 126 minuti di durata il regista ha messo tutto sé stesso, si è messo a nudo davanti agli spettatori, non lesinando autocritica e la continua insoddisfazione nei confronti dei suoi lavori. Un film in cui ritornano il sogno e la poetica del dormiveglia. Un mondo dove tutto è possibile – come incontrare persone che condividono il nostro stesso sogno – ma allo stesso tempo pericoloso, capace di farti perdere la testa. Un mondo pieno di vita e confusionario ma proprio per questo bellissimo. Non a caso le sequenze oniriche sono caratterizzate da colori sfavillanti.

Un film dove è predominante il tema del volo, una delle passioni del regista. Un amore che in Si alza il vento diviene ancora più tangibile visto il lavoro del protagonista, ma che mantiene le caratteristiche di sempre, essendo l’unico modo per raggiungere la spensieratezza e posti fantastici. Una liberazione dalla forza di gravità che permette all’uomo di diventare leggero e un tutt’uno con l’aria, portandolo in luoghi altrimenti irraggiungibili. Presente anche la poetica mono no aware, ovvero la malinconia generata dalle cose belle ma destinate a durare poco. Un concetto generalmente legato alla natura e alla sua bellezza fugace, ma che qui è legato ai sogni ed in particolare agli aerei, che per quanto belli sono destinati a qualcosa di terribile.

Un film che è anche una lettera d’amore non solo al cinema e all’animazione ma al suo lavoro. Un lavoro a cui Miyazaki si è sempre dedicato con entusiasmo ma che lo ha sempre prosciugato. Ogni film infatti lo ha sempre lasciato provato, privo di forze sia fisiche che mentali. Segno di come il regista non sia mai risparmiato. Una lettera anche di addio – almeno nelle intenzioni originali – del regista al mondo del cinema e dell’animazione, espresse tramite il suo alter ego Caproni: «io con quest’ultimo volo me ne vado in pensione».

Moderna tragedia greca

Jiro e Naoko

Ma Si alza vento è anche un film in cui l’amore è uno dei fili conduttori della storia. Quello tra Jirō e Nahoko è un amore tanto puro e sincero, perché nasce non solo in modo inaspettato ma in un momento di difficoltà, ma allo stesso tempo maturo e per la prima volta anche fisico e non più platonico. Un amore che richiama le tragedie greche, dove i protagonisti faranno di tutti pur di stare insieme, superando le avversità che la vita gli pone davanti – nel particolare la malattia di Nahoko – ma pronti a tutto pur di coronare il loro sogno.

Tragedia presente anche nella realizzazione del sogno di  Jirō. Se l’obiettivo del ragazzo è quello di realizzare aerei magnifici, capaci di librarsi con leggiadria nell’aria, la tragedia consiste nel fatto che siano aerei da guerra, usati per scopri tutt’altro che nobili. Un sogno bellissimo ma usato per gli scopi errati da altri, un sogno distorto che in qualche modo tiene il protagonista ancora alla realtà.

Una realtà quella raccontata in Si alza il vento che è alquanto tangibile. In confronto ai film precedenti in cui abbondavano immaginazione e fantasia, qui come in Porco Rosso siamo immersi in un periodo storico palpabile, capace di trascinare lo spettatore in una vicenda reale e malinconica, dove sogni, speranze, guerra, amore e crudeltà si confondono. Una storia tanto avvincente e affascinante quanto triste ed onirica. Un film dal sapore agrodolce, dove il regista è ormai adulto e consapevole di sé, come i suoi personaggi che sono la versione adulta di tutti i loro predecessori.

Si alza il vento e le inutili polemiche

una scena di Si alza il vento

Quando Si alza il vento arrivò nei cinema nel 2013, venne si elogiato da critica e pubblico ma anche accompagnato da molte polemiche, tanto inutili quanto sterili. Miyazaki è stato accusato sia di aver dato vita ad una storia che difende la figura di Jirō Horikoshi, ideatore dei caccia usati nell’attacco a Pearl Harbor, sia di antinazionalismo poiché il film contiene un chiaro messaggio contro la guerra, come tutti i film di Miyazaki del resto. Accuse dovute al momento storico giapponese in cui il film uscì, infatti in quegli anni il parlamento stava discutendo se riprendere la militarizzazione del Giappone.

Polemiche sterili per due motivi, in primis come già scritto il regista è sempre stato contro la guerra e tutti in tutti suoi film, a partire da Nausicaa della Valle del Vento, è evidente il messaggio pacifista, motivo per cui il film è ambientato negli anni tra le due Guerre Mondiali. In secondo luogo per quanto i film di Miyazaki abbondino di elementi fantastici sono tutti caratterizzati da elementi reali, che fanno si che la vicenda sia immersa nella realtà conferendo quindi alla vicenda credibilità.

Polemiche superflue – come quella di un’organizzazione anti-tabacco nipponica che riteneva inutile ed esagerato il tabagismo dei personaggi – che hanno accompagnato un film capace di emozionare e catturare lo spettatore sin dal primo fotogramma. Si alza il vento avrebbe dovuto essere la degna e magnifica conclusione di una carriera straordinaria di un artista sublime, che fortunatamente continuerà a deliziarci con i suoi lavori.

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Emanuele Bianchi

Appassionato di cinema, fotografia, teatro e musica sin da piccolo decide di farne il suo lavoro. Miyazakiano convinto, tanto da incentrare la sua tesi sul suo cinema, e divoratore di anime tanto da volere Eikichi Onizuka come professore al liceo, è uno Jedi come suo padre prima di lui e “nato pronto” e sì, anche un inguaribile nerd (pollice verso per coloro che non colgono le citazioni). Laureato in cinema presso il DAMS di Roma 3 e diplomato in fotografia presso il CST, negli anni ho collaborato con varie testate web di cinema. Giornalista pubblicista iscritto all'albo. Sempre in movimento, perennemente in ritardo. Co-Fondatore di PopCorn Society.

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