Joker: Folie à Deux, nella mente di un pagliaccio
Era il 2019 quando alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia veniva presentato Joker, cinecomic co-scritto, co-prodotto e diretto da Todd Phillips. Liberamente ispirato al noto villain DC, che ha il volto di Joaquin Phoenix (che per il ruolo vinse l’Oscar), il film conquisto critica e pubblico, tanto da incassare oltre un miliardo di dollari. Ora a cinque anni di distanza Arthur Fleck/Joker torna al cinema e questa volta non da solo, visto che in Joker: Folie à Deux è presente anche Harley Queen, che nei fumetti è stata compagna di malefatte del criminale e tra i personaggi femminili più amati di sempre.
Sinossi
Dopo aver ucciso cinque persone ed aver messo a soqquadro Gotham, Arthur Fleck è recluso nel manicomio di Arkam. In attesa di essere processato per i suoi crimini come Joker, la sua vita in prigione scorre lenta, tra sigarette e le prese in giro delle guardie. Quasi svuotato dopo gli eventi che lo hanno visto protagonista Arthur è docile, quasi apatico.
La sua vita cambierà quando incontrerà Lee Quinzel, ragazza reclusa come lui. Tra i due è subito amore, ed insieme cercheranno di trovare il modo di sopravvivere in un mondo che non li capisce e li mette alla sbarra. Per farlo daranno fondo a tutta la loro follia, mostrando al mondo la musica che li anima.
Nella mente di un folle
Se in Joker facevano la conoscenza di un comico fallito, che non faceva ridere e che dopo anni di soprusi esplode dando sfogo a tutta la sua rabbia e follia, in questo Folie à Deux entriamo ancora di più nella sua mente. Se inizialmente ci troviamo davanti ad un Arthur Fleck docile, che si limita a far passare le sue giornate, subendo gli sfottò dei secondini, in sostanza l’ombra di quello che era, piano piano riaffiora il suo lato folle.
Dopo una prima parte compassata, che ci porta a vivere la vita da carcerato del protagonista, piano piano assistiamo al riemergere del Joker, un pagliaccio tanto triste quanto rabbioso. A far riaffiorare Joker è l’incontro con una ragazza che riesce a vedere oltre la maschera di Arthur Fleck, a vedere quello che considera il suo vero io. Un incontro che non solo lo risveglierà dal suo torpore, alimentando un incendio mai veramente estinto, ma che gli farà conoscere l’amore e la felicità. Una gioia capace di fargli conoscere sia una nuova follia che a fargli (ri)scoprire la musica della sua anima.
Joker ed Harley sono due folli amanti che si comprendono a vicenda e che usano la musica e il ballo per esprimere le loro emozioni. Proprio la musica è uno dei cardini del film, essendo elemento che i due usano per comunicare tra loro ma anche allo spettatore il loro vero io. La verità però è che è un cardine scricchiolante, usato senza un criterio unitario ma che si palesa improvvisamente e spesso senza approfondire veramente la psiche dei personaggi.
Se da una parte i momenti musicali estemporanei rispecchiano l’imprevedibilità e la follia del Joker, dall’altra spezzettano la narrazione, rendendola ancora più compassata e frammentata. La storia così già di suo con un ritmo non irresistibile e priva di veri e propri guizzi risulta praticamente priva di un filo logico.
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Legal drama musicale
Se il primo Joker si presentava come un noir, questo secondo capitolo si presenta come un mix di generi, purtroppo mal amalgamati. Vuole essere tutto ma finisce per essere un mischione senza capo né coda. È un legal drama che vede uno psicopatico a processo per i suoi crimini che da prigioniero anonimo e quasi mascotte della prigione, torna ad essere un pagliaccio dalla tragica faccia felice che torna a portare scompiglio. Questa volta in un’aula di tribunale.
Ma allo stesso tempo è un musical senza però veramente esserlo. Perché gli intermezzi musicali spesso non mandano avanti la narrazione ma la interrompono e soprattutto tali momenti non fluiscono in maniera spontanea, rendendo il tutto troppo artificioso. Una parte questa musicale che poteva essere interessante per i fini narrativi e che sicuramente tenta di mostrarci e di farci entrare ancora di più nella testa del protagonista, riuscendoci però solo in parte.
Spesso si ha l’impressione che sia stato scelto il genere musical più per enfatizzare le doti dei due protagoniste – quelle canore di Lady Gaga ed esaltare le doti attoriali di Joaquin Phoenix – che perché potesse portare qualcosa di nuovo ed interessante alla storia.
Un sequel stanco
Ma il vero problema di Joker Folie à Deux è la sceneggiatura, che non riesce a dare vita ad una storia intrigante ed interessante. Nella prima parte sostanzialmente si limita a farci vedere la vita di Arthur Fleck/Joker in prigione, come nei più classici prison movie, per poi divenire un legal drama senza troppi spunti interessanti nella seconda.
Discorso simile per la caratterizzazione dei personaggi. Se quelli secondari hanno una personalità appena accennata, facendone personaggi unidimensionali e spesso superflui. Ci siano o meno cambia poco. La cosa però non migliora parlando dei due protagonisti, la cui scrittura risulta troppo semplicistica.
Se nel primo capitolo Arthur è un uomo invisibile, ignorato dai più e bistrattato quando viene “notato”, un uomo al limite che si libera delle catene lo legavano alla mediocrità con un atto di follia segnato da una danza liberatoria, qui torna ad essere invisibile finché non viene notato da una donna che lo ama per ciò che rappresenta e che lo manipola spronandolo a far riemergere la sua follia. Burattino di un amore tossico che lo (ri)porta alla follia. Una follia però monca, che non esplode mai veramente, come invece faceva nel primo capitolo. Se prima Arthur decide di diventare Joker, di dare libero sfogo alla sua rabbia, qui si fa trascinare su un percorso che forse non gli appartiene più e che abbandona improvvisamente senza un vero perché.
Così come monco è il personaggio di Harley Queen, che sei fumetti è colei che viene manipolata e portata alla pazzia qui è la manipolatrice – dando vita quindi ad un interessante scambio di ruoli ma sfruttato male. Mero motore dell’azione, Lee Quinzel – il cui nome richiama una qualunque radical chic dell’Upper Side di Manhattan – è un personaggio la cui caratterizzazione praticamente non c’è e che se non ci fosse non cambierebbe praticamente nulla. Manipolatrice senza uno scopo e un vero perché, che si avvicina ad Arthur Fleck/Joker sostanzialmente per gioco e per noia.
La verità è che Joker: Folie à Deux è un sequel stanco, senza una vera trama, che cerca di portarci ancora di più nella mente di Arthur Fleck senza veramente riuscirci. Una storia lenta e compassata dove la follia a due non si vede e non arriva allo spettatore, dove i personaggi non hanno una caratterizzazione adeguata, dove gli intermezzi musicali per quanto interessanti sono stranianti e spezzano troppo la narrazione. Uniche note positive la bellissima fotografia di Lawrence Sher, che riesce a restituire al meglio le sfumature della psiche di Joker, e la performance di Joaquin Phoenix, ancora una volta magistrale nell’interpretare un personaggio borderline. Tutto il resto lascia abbastanza perplessi.
Joker: Folie à Deux al cinema dal 2 ottobre con Warner Bros..