Il favoloso mondo di Amélie: la joie de vivre secondo Jean-Pierre Jeunet
Amélie (Audrey Tautou), giovane e solitaria cameriera in un caffè a Montmartre con un gusto pronunciato per i piccoli piaceri della vita, nel corso di una notte insonne decide di raddrizzare la vita delle persone che la circondano. Un giorno però, per caso, Amélie incontra Nino (Mathieu Kassovitz) e se ne invaghisce. Il problema è che la ragazza è abituata a preoccuparsi degli altri: come fare ora ad agire per il proprio, di bene?
Un magico cult
Incredibile successo in Francia e all’estero quando uscì nel 2001, questo adorabile film di Jean-Pierre Jeunet, puro cinema “di zucchero filato”, negli anni è diventato a ragione un cult della cinematografia francese. Rendendo meta di pellegrinaggio da parte dei suoi estimatori location chiave della pellicola quali il Café des 2 Moulins o la drogheria di Colignon.
E questo perché Il favoloso mondo di Amélie è come una scatola di bon bon colorati, un dissetante tè freddo estivo, un sorriso gentile da uno sconosciuto, un album di fotografie pieno di bei ricordi. Il favoloso mondo di Amélie è, semplicemente, un film sulla joie de vivre. Quella data dalle piccole cose, come dal piacere di far bene al prossimo anche solo con una parola, un gesto. Forte rischio diabete? Forse per qualcuno, ma anche trionfo di una cinematografia leggera ed edificante. Magari un po’ ruffiana ma sicuramente coinvolgente e che cela in sé un’impalpabile magia.
L’affabulatore Jean-Pierre Jeunet ci narra una fiaba dolcissima ambientata nel presente ma al tempo stesso in un altrove irreale, fotografata di colori saturi e pieni, con tanto di voce narrante e rottura sporadica della quarta parete. In essa la protagonista Amélie è tanto principessa in pericolo quanto cavaliere salvatore. Il suo desiderio di rendere migliori le vite di quanti la circondano, di veder splendere sorrisi, di scaldare i cuori, la rendono un elfo buffo e buono. Ma Amélie è anche una pedina inconsapevole di un più grande burattinaio. Che ci tiene a ricordarle quanto importante sia inseguire anche la felicità personale, e farsi per una volta protagonista della propria storia.
L’ordinario che diventa straordinario
Ne Il favoloso mondo di Amélie Jeunet eleva il dettaglio a poesia, l‘ordinario allo straordinario. Nel mondo che ci presenta, la bellezza emerge nel gesto di affondare la mano in un sacco pieno di legumi come anche nella scoperta di una scatola di preziosi ricordi infantili di un uomo ormai adulto; nel registrare le buffe risate della gente come nel collezionare fototessere di sconosciuti.
Il regista francese confeziona un film che è una pura ventata di aria fresca. E questo attraverso una sceneggiatura iper fantasiosa e una regia delicata quanto grottesca con tocchi surreali. Senza dimenticare il fondamentale apporto dato dalle indimenticabili musiche di Yann Tiersen. Un film popolato sì di un’umanità perdente e bizzarra, a tratti ridicola, ma anche tenerissima. E che pure in ogni scena ci ricorda che è il modo in cui osserviamo le cose e agiamo nel quotidiano, a far la differenza e a capovolgere la prospettiva.
In un ruolo che doveva inizialmente andare a Emily Watson, l’allora esordiente Audrey Tautou è semplicemente perfetta, e oggi non potremmo immaginare Amélie con il volto di qualcun’altra. Taglio di capelli alla paggetto, stile fresco e colorato, piacere infinito per i giochi e gli stratagemmi, entra nelle vite degli altri portando silenziosamente consiglio.
Jeunet tuttavia non invita ad aspettare l’Amélie di turno che renda bianco il nostro nero. Magari nelle vesti di un nano da giardino gironzolone che ci indichi la via e ispiri i nostri sogni. L’esortazione è piuttosto a uscire dalla porta e buttarsi nel mondo. Le opportunità stanno infatti intorno a noi in attesa di essere còlte. Così come la bellezza, che non aspetta altro che essere percepita. Come nel semplice gesto di spaccare la crosticina di una crème brûlée con la punta del cucchiaino.