Green Book: a spasso con Viggo e Mahershala

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Una persona bianca e una di colore vanno in giro in automobile. Una è l’autista, l’altra il dispotico passeggero. Dopo i pregiudizi iniziali, tra i due nascerà una bella amicizia. Sembra la trama di A spasso con Daisy, e invece siamo di fronte a uno dei gioiellini presentati alla 13^ edizione della Festa del Cinema di Roma, amato nella Capitale dopo aver conquistato il Premio del pubblico al Toronto International Film Festival. Green Book nasce dal desiderio dello sceneggiatore Nick Vallelonga di portare su grande schermo la storia del padre Tony Lip – un buttafuori italoamericano – e della sua amicizia con un pianista afroamericano nell’America degli anni ’60. Una di quelle storie accadute realmente e già perfette per il cinema.

Dietro la macchina da presa troviamo un nome insolito per il genere, Peter Farrelly, talmente innamorato della storia di Tony da abbandonare (momentaneamente?) le commedie scorrette che lo hanno reso celebre insieme al fratello Bobby, intervenendo già in fase di sceneggiatura insieme a Brian Hayes Currie e allo stesso Nick Vallelonga.

Un italoamericano e un afroamericano on the road

Viggo Mortensen e Mahershala Ali in Green Book

Siamo nel 1962. Chiuso il locale notturno per cui lavorava, il buttafuori Tony Lip (Viggo Mortensen, Captain Fantastic) si ritrova a fare da autista per il pianista afroamericano Don Shirley (Mahershala Ali), che accompagnerà nel profondo sud degli Stati Uniti per un tour di due mesi. Dopo i contrasti iniziali, tra i due nascerà un sincero e forte legame.

A spasso con Daisy dicevamo, ma a parti inverse. Don Shirley è diverso dalla maggior parte degli afroamericani del suo tempo. È un abituale frequentatore dell’alta società, un uomo raffinato, riservato e un po’ snob che ha studiato musica classica all’estero. Ligio al rispetto delle regole nei suoi abiti eleganti. Tony Lip è invece un uomo tutto cibo e canottiera, uno di quelli che non si fa problemi ad alzare le mani quando serve. Un italoamericano dalla parlantina continua e spesso volgare, di poca cultura e con diversi pregiudizi a limitarlo. Insomma, due mondi (quasi) agli antipodi. Come tuttavia è classico dei road movie, la convivenza forzata nell’abitacolo della macchina e lo spostamento continuo per gli Stati Uniti, finiscono per favorirne la conoscenza reciproca, tra concerti e disavventure.

Combattere i pregiudizi

Viggo Mortensen e Mahershala Ali in Green Book

Tra una tappa del tour e l’altra a bordo di una Cadillac Coupe De Ville, i due si scontrano spesso e volentieri contro il razzismo istituzionalizzato e i privilegi dei bianchi. Nonostante Don Shirley sia infatti un musicista apprezzato e invitato a suonare nelle case di ricchi bianchi, ecco che sceso dal palco ritorna ad essere nient’altro che un “uomo di colore”. Per quelli come lui ci sono bagni, hotel e negozi appositi, luoghi in cui è il benvenuto e altri da cui è meglio che si tenga lontano (quelli sicuri sono elencati all’interno del “Green Book” del titolo).

Le parole nei suoi confronti sono gentili fino a quando la sua presenza si limita a deliziare gli ospiti con la musica. “Non sono abbastanza nero, né abbastanza bianco, né abbastanza uomo” si sfoga a un certo punto, rivelando tutta la tragicità di un’identità che fatica a trovare il suo posto nel mondo.

Dall’altra abbiamo il suo opposto, Tony, dalla fisicità ed eloquio prorompente, che si tuffa sul cibo come su una coperta di Linus. Tony che dal colore della sua pelle ricava più considerazione e protezione rispetto al suo datore di lavoro, ma che anche per questo imparerà a non giudicare troppo velocemente dalle apparenze.

Non un classico film sul razzismo

una scena di Green Book

Con Green Book siamo di fronte non a un puro film sul razzismo, quanto piuttosto a un buddy movie, a un film sull’amicizia di quelle uniche che nascono un po’ inaspettatamente, ma anche per questo bellissime. Scritto egregiamente e interpretato anche meglio, riesce ad assolvere una funzione edificante senza proporre lezioncine. Un po’ tragico e un po’ comico come è la vita, diverte (tanto) e commuove, un mix perfetto gestito con sapienza e felice leggerezza da Peter Farrelly, in cui a fare la parte dei leoni sono le performance dei due protagonisti.

Viggo Mortensen si arma di pancia (è aumentato circa una ventina di chili per la parte) e di una strana e buffa parlata italiana, regalandoci un Tony indimenticabile, strabordante in tutti i sensi e che nonostante la mancanza di cultura saprà guardare al di là delle proprie vedute ristrette. Mahershala Ali ci ricorda come l’Oscar per Moonlight non sia stato un caso, impersonando un Don Shirley vitale e fragile al tempo stesso in cerca di identità. Nei loro scambi comici e confessioni, i due regalano al cinema una memorabile nuova “strana coppia”, perfetta per i tempi che corrono.

Entrambi pesci fuor d’acqua, Tony e Don Shirley si scoprono sì diversi ma anche simili, finendo per scambiarsi (letteralmente) di posto e aprire gli occhi per vedere il mondo attraverso lo sguardo dell’altro. Rimarranno sempre se stessi, ma impareranno anche quantomeno a rispettarsi e a non allontanare a prescindere ciò che sembra distante e diverso. Dopotutto, ci sarà sempre del pollo fritto a mettere tutti d’accordo.

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Giorgia Lo Iacono

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