Barbie: andare oltre gli stereotipi
Era il 9 marzo del 1959 quando la prima Barbie veniva commercializzata e cambiava per sempre il mercato delle bambole e non solo. Divenuta in breve uno dei simboli della cultura pop, la bambola ideata da Ruth Handler ora arriva al cinema con il live action diretto da Greta Gerwig, co-autrice anche della sceneggiatura scritta a quattro mani insieme al compagno Noah Baumbach.
A dare il volto all’iconica bambola troviamo Margot Robbie, mentre Ryan Gosling presta il volto a Ken. Insieme a loro troviamo America Ferrera, Simu Liu, Kate McKinnon, Michael Cera, Ariana Greenblatt, Issa Rae, Will Ferrell, Emma Mackey, Alexandra Shipp, Connor Swindells, Kingsley Ben-Adir, Ncuti Gatwa, Scott Evans. Completano il cast i cameo di Dua Lipa e John Cena e la voce narrante di Helen Mirren.
On the road
La vita scorre senza problemi a Barbieland. Ogni Barbie ha la sua casa, la sua macchina e soprattutto può essere ciò che vuole. A completare la vita di ogni Barbie c’è Ken, il quale vive solo per lei. Ogni giorno è perfetto per le Barbie. Almeno finché un giorno Barbie stereotipo (Margot Robbie) si alza e scopre che c’è qualcosa che non va. Per cercare di capire come risolvere il problema e tornare quella di prima si reca da Barbie stramba (Kete McKinnon), che le dice che deve recarsi nel mondo reale e trovare la bambina che gioca con lei e risolvere così i suoi problemi.
Inizia così per Barbie un viaggio che la porterà nel mondo reale dove scoprirà che non tutto è così perfetto come a Barbieland e che la vita è più dura di quanto potesse immaginare. Riuscirà Barbie a trovare la sua bambina e a capire cosa non va? Un viaggio che la cambierà e forse le farà trovare sé stessa. Insieme a lei l’immancabile Ken (Ryan Gosling).
Barbie, molto più di una bambola
Sin dalla sua creazione Barbie è sempre stata più di una bambola, è un’idea, un simbolo. È proprio questo aspetto che il film cerca di mettere un evidenza. Barbie può essere tutto ciò che vuole, andando oltre le etichette, gli stereotipi o i ruoli che le hanno imposto. Che sia la bambola base, presidente, dottoressa, avvocato, ecc. ecc., Barbie è molto di più. Non è solo una bambola tutta d’un pezzo, perfetta o infallibile, è anche l’opposto. È stressata, è stanca, sempre di corsa, ordinaria.
Perché quello che si evince non solo dal film, ma fin dalla sua ideazione, è che Barbie è metafora della donna moderna, una donna che deve essere tutto e il contrario di tutto, che non può mostrare il suo vero io per non offendere gli uomini e la società patriarcale in cui lotta. Argomenti sicuramente interessanti ed attuali ma trattati con superficialità, retorica spicciola e ridondanza.
Perché se è innegabile che viviamo in un mondo maschilista e dove il patriarcato è ancora ben saldo e presente ma sicuramente è nascosto meglio, è altrettanto vero che il film di Barbie non dice nulla di significativo. Fa la classica scoperta scoperta dell’acqua calda, si parla addosso incartandosi su sé stesso. A tutto ciò va aggiunta quella che è una vera e propria guerra dei sessi. Non esiste via di mezzo, donne o uomini. Da questo punto di vista è una grande occasione sprecata. Ed è un peccato perché il film ha pregi evidenti.
Divertimento assicurato
Se il film non convince per quanto riguarda la sceneggiatura, che non riesce a conferire un ritmo degno di tale nome, e ad una narrazione non sempre avvincente, dalla sua ha però un’(auto)ironia non indifferente. Riesce a dare vita a gag divertenti ed esilaranti, capaci di far ridere di gusto. Demenziale ma senza esagerare, rimane sempre sul filo, in equilibrio senza cadere. Kitsch al punto giusto, dove non mancano frecciate tutt’altro che velate al mondo moderno, alla Mattel e al fascismo.
Una riuscita che si deve soprattutto al cast in stato di grazia. Margot Robbie è perfetta nei panni di Barbie. L’attrice australiana riesce a restituirci tutte le sfumature del personaggio, passando dall’incontenibile felicità di Barbieland, passando per le turbe dei primi segni di malfunzionamento fino ad arrivare allo spaesamento nel mondo reale. Non è da meno Ryan Gosling, che conferisce al suo Ken una vasta di emozioni. Diverte e si diverte ad interpretare un bambolotto gigionesco (è la summa del macho anni ’80, con tanto di richiami a Karate Kid e Sylvester Stallone) troppo spesso messo in secondo piano e mai apprezzato realmente. Senza dubbio la cosa migliore del film.
Discorso analogo per il cast di supporto, guidati da una Kate McKinnon a dir poco stravagante, Michael Cera sempre a suo agio nei panni di personaggi impacciati e un Simu Liu che si diverte a mostrare sorriso smagliante e muscoli solo per farsi notare. Personaggi quelli maschili che risultano più interessanti e leggermente più approfonditi, per quanto la caratterizzazione sia un aspetto che manca totalmente. Discorso diverso per Will Ferrell nei panni del CEO Mattell. L’attore americano come sempre recita in over acting e insieme ai dirigenti dell’azienda sono la nota stonata del film, elemento straniante e poco utile all’economia del film
Nota di merito, e non poteva essere altrimenti, per costumi e scenografie. I primi riproducono fedelmente i vestiti e gli accessori di Barbie e Ken con minuzia, facendoci (ri)scoprire abiti cult. Discorso analogo per Barbieland, che ripropone scrupolosamente le case ed i mezzi di Barbie, dalla macchina all’ambulanza. Un lavoro sbalorditivo.
In conclusione Barbie è il film pop per eccellenza, capace di divertire e far ridere di gusto, grazie soprattutto ad un cast in gran forma, ma che si perde in una retorica didascalica e vuota.
Barbie al cinema distribuito da Warner Bros.