One Piece: un live action che fa acqua
Era il 22 luglio del 1997 quando sulle pagine della rivista Weekly Shōnen Jump di Shūeisha veniva pubblicato il primo capitolo di One Piece, manga scritto e disegnato da Eiichiro Oda e destinato a diventare uno dei più amati di sempre. Un successo quello di One Piece che ha prodotto una lunga serie animata (al momento siamo all’episodio 1073), 15 OAV, 13 special tv, videogames, romanzi e molto altro. Ora a storia della ciurma di Cappello di Paglia arriva anche in versione live action grazie a Netflix. Infatti dal 31 agosto sulla piattaforma streaming arriverà il live action del manga divenuto cult.
A dare il volto alla mitica ciurma troviamo Iñaki Godoy (Monkey D. Luffy), Mackenyu (Roronoa Zoro), Emily Rudd (Nami), Jacob Romero (Usopp) e Taz Skylar (Sanji). Insieme a loro completano il cast McKinley Belcher III, Morgan Davies, Aidan Scott, Vincent Regan, Jeff Ward, Craig Fairbrass, Langley Kirkwood, Celeste Loots, Alexander Maniatis, Ilia Isorelýs Paulino, Chioma Umeala e Steven Ward. Si aggiunge al cast Michael Dorman nel ruolo di Gol D. Roger.
All’arrembaggio
La storia vede protagonista l’esuberante Monkey D. Luffy, ragazzo del piccolo villaggio di Foosha che sogna di diventare un pirata. Un sogno nato dall’incontro con i pirati di Shanks il rosso, tanto che chiedere a più riprese, ma senza successo, di entrare nella loro ciurma. Ma Luffy è un ragazzo tanto svampito – tanto da mangiare per sbaglio il frutto del diavolo Gom Gom solo perché aveva fame, diventando così un ragazzo di gomma – quanto determinato. Raggiunti i 17 anni intraprenderà il suo viaggio alla ricerca del mitico One Piece, il mitico tesoro di Gol D. Roger, il Re dei Pirati.
C’è solo un problema, Luffy è il capitano di una ciurma pirata senza un equipaggio. Dovrà quindi arruolare compagni lungo il suo viaggio. Si uniranno a lui lo spadaccino Roronoa Zoro, la navigatrice ed abile ladra Nami, il cecchino e cantastori Usop ed il cuoco e Dongiovanni Sanji. Inizierà così per i cinque membri della ciurma di Cappello di Paglia un’avventura irta di pericoli in cui dovranno affrontare altri temibili pirati e la potenza della Marina. Riuscirà Luffy ad impossessarsi del One Piece e Diventare il Re dei Pirati?
Una nave che affonda
Quando Netflix annunciò la produzione della serie live action di One Piece molti sono stati i nasi che si sono storti. Soprattutto dopo aver visto lo scempio fatto con il live action di Cowboy Bebop, anime cult prodotta da Sunrise e diretta da Shin’ichirō Watanabe. Naturale quindi che la preoccupazione dei fan fosse alta. Una preoccupazione che non è diminuita con la pubblicazione di foto dal set e trailer. Da subito la sensazione è stata quella di un fan film costoso (come spesso capita con trasposizione con attori in carne ed ossa di anime e manga) ed effetti speciali non all’altezza. E purtroppo le sensazioni si sono rivelate certezze.
È innegabile che chiedere la trasposizione fedele al 100% del manga è impossibile, cambiamenti ed adattamenti sono necessari ed inevitabili (manga e televisione sono media completamente diversi ed ognuno con il suo linguaggio e i suoi tempi), ma è altrettanto vero che almeno lo spirito dell’opera originale andrebbe mantenuta. Il problema è che spesso siamo davanti a prodotti che non solo hanno perso lo spirito dell’opera originale, ma che ne hanno stravolto la storia senza un vero motivo. Se alcuni cambiamenti sono naturali e fisiologici – che la serie inizi con l’esecuzione di Gol D. Roger è inevitabile, scontato ed anche auspicabile visto che non tutti conoscono il manga o l’anime – non si capisce come il filo conduttore degli 8 episodi sia l’adattamento di una delle miniavventure del manga, per la precisione il Diario di Kobi ed Hermeppo. Miniavventura fondamentale per la crescita dei personaggi in questione ma marginale per quanto riguarda questa prima parte della storia.
La verità è che la serie Netflix di One Piece ha solo il nome, i personaggi e poco più. L’amara verità è che mancano il senso dell’avventura, l’azione, l’ironia, la suspence, l’amicizia, l’amore per la libertà, i sogni e tanto altro. La serie live action è una riproposizione asettica di una storia divertente ed avvincente. Qui invece abbiamo una vicenda frettolosa, stravolta senza un perché e dove abbondano situazioni e dialoghi a dir poco ridicoli. Senza contare la superficiale caratterizzazione dei personaggi.
A tutto ciò vanno aggiunti effetti speciali non sempre all’altezza e un imperante “effetto cosplay”. Molti dei personaggi presenti sulla scena sono cosplay fatti male, almeno per quanto riguarda trucco e parrucco. Tra parrucche improponibili e make up inguardabili più che davanti ai personaggi di One Piece siamo davanti a persone che si divertono a mascherarsi perché non hanno niente di meglio da fare (le parrucche di Shanks e Sanji, la barba posticcia di Mihawk e il trucco di Bugy gridano vendetta). Fortunatamente si salvano i costumi, che riprendono sia gli outfit iconici dei personaggi che quelli presenti nelle vignette di intermezzo tra i vari capitoli. Easter egg che sicuramente non sfuggiranno ai fan dell’opera.
Situazione analoga per le scenografie. Se il ristorante Baratie e Arlong Park vengono riproposti quasi identici alle strutture viste nel manga – cambiano leggermente gli interni – e colpiscono piacevolmente, non si può dire lo stesso dei villaggi. Sia il villagio di Foosha di Rufy che quello di Coco di Nami più che villaggi sono un agglomerato casuale di case di bambù. Inguardabili. Anonima la base della Marina guidata da Morgan mano d’ascia e la nave del Vice Ammiraglio Garp, più falsa di una banconota da tre euro.
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Una ciurma non all’altezza
Purtroppo la versione live action di One Piece è una nave che fa acqua da tante parti, troppe. Non solo la sceneggiatura è riuscita a stravolgere una storia si lunga ma piuttosto lineare, ma è stata capace anche di non riuscire a riproporre al meglio le saghe raccontate nei primi 11 volumi del manga e i momenti iconici dell’opera. 8 episodi incapaci di riproporre al meglio l’incontro/scontro con Bugy, Capitan Kuro, il Baratie e soprattutto Arlong Park. Purtroppo mancano l’epicità, la solennità e la sensibilità di alcuni momenti. Complice la magra caratterizzazione dei personaggi principali.
Inoltre grandi assenti sono la regia, che si limita a seguire i personaggi senza troppi guizzi, e le musiche. Queste ultime sono una delle colonne portanti dell’anime, mentre nella serie Netflix sono praticamente assenti. Non convincono del tutto neanche gli attori protagonisti. Iñaki Godoy è in costante over acting. Il suo Luffy non solo è sprovvisto dell’ingenuità che da sempre contraddistingue il personaggio, ma il suo perenne sorriso forzato più che un inguaribile ottimista lo fa sembrare un idiota (con una paralisi). Senza contare che quando si tratta di diventare serio non riesce ad essere minimamente minaccioso. Inoltre è privo della vivacità che lo contraddistingue. Irritante.
Discorso simile per Emily Rudd (Nami), Jacob Romero (Usopp) e Taz Skylar (Sanji). I tre non riescono ad entrare pienamente nei panni dei loro personaggi. Nami è una gatta ladra piuttosto morta, Usop un cecchino infallibile che sbaglia troppo e Sanji gamba nera un cuoco combattente piuttosto impacciato nell’usare le gambe. Mackenyu è l’unico che ci crede davvero e che riesce a dare al suo personaggio le giuste caratteristiche. Il suo Roronoa Zoro è scostante, taciturno, orgoglioso e leale. Mackenyu è anche l’unico a convincere nelle scene di lotta, che troppo spesso risultano noiose, lente e mal coreografate. Non è un caso che spesso avvengono di notte.
Per quanto riguarda i personaggi secondari meglio stendere un velo pietoso. A dir poco fuori parte Vincent Regan nei panni di Garp. L’attore non riesce a trasmettere l’essere distratto, la fermezza e il cuore tenero del marine. Insopportabile Morgan Davies nei panni di Kobi. Per quanto il personaggio anche nel manga agli inizi sia insicuro, l’attore calca fin troppo la mano e il suo personaggio risulta a dir poco tentennante su tutto. Mentre Jeff Ward (Bagy), Steven John Ward (Mihawak), McKinley Belcher III (Arlong) e Peter Gadiot (Shanks) non riescono ad infondere ai loro personaggi carisma e l’aura di terrore e rispetto che emanano le loro controparti cartacee.
Purtroppo il live action di One Piece è l’ennesimo prodotto che non riesce minimamente a riproporre sullo schermo le caratteristiche che hanno decretato il successo dell’opera originale, portando sul piccolo schermo una vicenda che sicuramente si lascia guardare ma più per curiosità che perché interessante e coinvolgente. Complice una sceneggiatura approssimativa e incapace di dare vita a vicende intriganti e personaggi attraenti. Netflix ha dato vita ad una nave che imbarca acqua e che probabilmente non arriverà alla prossima isola.
One Piece, dal 31 agosto su netflix.